TRAUMA: IL PRIMA E IL DOPO DI UN EVENTO TRAUMATICO

TRAUMA: IL PRIMA E IL DOPO DI UN EVENTO TRAUMATICO

Quando subiamo un trauma è come se si creasse una frattura tra un prima e un dopo, tra quello che era la vita prima dell’accaduto e quello che si vive a seguito dell’evento traumatico. Il rischio maggiore è che questo possa monopolizzare il passato, influendo e modificando il futuro di chi l’ha subito.

Trauma: qual è la definizione di questa parola? Innanzitutto, possiamo declinarla come una spaccatura, poiché gli eventi traumatici che possono accadere fratturano la nostra vita nel giro di pochi secondi: semplicemente accadono e tu, senza rendertene conto, rimani intrappolato dentro quell’arco temporale che divide il prima dal dopo. Questa rottura psichica rischia di accompagnare la vita delle persone che l’hanno subìta, cancellando la possibilità di riprendere la visione della propria vita in un arco cronologico unito.

Come fare dunque a ripristinare quella linea, a riformulare e rinarrare la propria storia in maniera continuativa? Per rispondere a questa domanda possiamo fare un parallelo con le definizioni di “ferita” e “frattura”; nel primo caso, si intende un taglio che sanguina, mentre il secondo implica danni interni oltre che esterni. I traumi psichici funzionano esattamente allo stesso modo: abbiamo sintomi palesi, come quelli che notano gli amici e i parenti, e poi ce ne sono altri maggiormente profondi, quelli che vengono individuati solo da un esperto.

Quando accade un trauma quindi, cosa succede? Il rischio è che questo non rimanga solo un evento, ma diventi l’Evento: è come se, subito dopo l’accaduto, il nostro cervello dividesse la nostra storia cronologica e autobiografica in due intervalli, il prima e il dopo. Questo ci costringe a mettere in discussione i nostri valori, stili di vita, desideri e relazioni: come fare, quindi, a ricostruire la nostra storia senza interruzioni? La chiave è in una parola: domani. Siccome a seguito di eventi traumatici non riusciamo più a proiettarci nel futuro perché siamo spaventati dal cambiamento, dobbiamo fare un allenamento mentale, ovvero iniziare a programmare il domani per aumentare la capacità psichica di rappresentare il dopo come un continuum di ciò che siamo adesso. Il trucco è proprio quello di non andare troppo in là, di non progettare a un mese o un anno, ma semplicemente al giorno seguente: può sembrare banale, ma ci accorgeremo che, dopo qualche tempo, saremo di nuovo in grado di proiettarci nel futuro.

Nello specifico, per chi ha messo a rischio la propria vita a causa di eventi traumatici, pensare al futuro e programmare non è solo un allenamento per ristrutturare un continuum, ma è una vera e propria presa di coscienza durante la quale si comprende di essere vivi e si rinforza anche la speranza di esserlo in futuro. Rimane da capire come riuscire a collegare il passato con il presente nel quale si vive: è un percorso molto complesso, perché implica i ricordi che precedono l’evento traumatico, il cosiddetto aggancio. Nella vita quotidiana, ciò vuol dire avere il coraggio di ricordare o farsi raccontare da chi ci era vicino e conosce gli avvenimenti: è l’unico modo di far prendere forma e senso a quella sensazione di vuoto che solitamente rimane. Questi attimi possono essere dilatati e ovattati per chi subisce il trauma, ma non ci dobbiamo dimenticare che il mondo è in realtà in continuo e incessante dinamismo, ed è proprio questo che la nostra mente ha dimenticato, eclissando un momento come se fosse soltanto un fotogramma, mentre in realtà era un video, dinamico. E il presente? Semplice, il presente è adesso, una scelta, la vita in ogni suo attimo, l’esatta congiunzione tra queste due linee, passato e futuro.

(Lamarca, 2020, Psicologia Contempoeanea