LA RESILIENZA E LA RINASCITA DELLA FENICE

LA RESILIENZA E LA RINASCITA DELLA FENICE

E’ del 1911 il testo di Carl Gustav Jung “Simboli della trasformazione” in cui l’autore illustra le affinità tra l’essere umano e la fenice: emblematica creatura di fuoco in grado di risorgere maestosamente dalle ceneri della sua stessa distruzione, è uno degli archetipi di maggiore considerazione poiché simboleggia la creazione e la distruzione, la vita e la morte, ed infine il potere della resilienza, ovvero l’ineguagliabile abilità di rinascere più forti, coraggiosi e luminosi. 
E’ interessante notare come, sia nella poesia araba sia nella cultura greco-romana e persino in gran parte del patrimonio storico orientale, vi siano precoci riferimenti alla sua mitologia; in Cina, ad esempio, la Feng Huang simboleggia non solo la più alta espressione di integrità, potere e prosperità, ma anche il concetto di yin e yang, questa dualità che armonizza tutto ciò che accade nell’universo. In Egitto invece si narrava che la fenice, sistematasi nel suo nido, intonasse una delle melodie più aggraziate che si fosse mai udita per poi lasciare che le fiamme la consumassero del tutto e rinascere piena di forza per iniziare un nuovo ciclo. 
Fra tutti i miti su questa figura, quello egizio ci offre ottimi spunti su cui soffermarci per comprendere meglio il concetto di resilienza, ovvero un’ammirevole capacità di rinascita, di riprendere fiato, ritrovare la voglia di andare avanti e le forze per farlo, a partire dalle nostre sventure e dai cocci rotti che ci portiamo dentro, come se, metaforicamente, morissimo e abbandonassimo una parte di noi stessi che non tornerà più.
 
Psicologicamente parlando, definiamo la resilienza come la capacità di riprendersi e uscire dalle avversità, più forti e pieni di risorse, un processo di resistenza, autoriparazione e crescita in risposta alle crisi e alle difficoltà della vita che ogni individuo deve affrontare. Tre elementi chiave sono: l’invulnerabilità, che consente di trarre forza dalle difficoltà, il coraggio, che permette di riscattarsi trasformando la sofferenza in relazioni positive, e l’opportunità, per ricavare occasioni vantaggiose proprio nei momenti di rischio.
In un’ottica personale, ma soprattutto familiare, è opportuno sottolineare come le avversità debbano essere viste viste/considerate con fiducia, ottimismo e coraggio, tuttavia come una sfida comune e non come un’impresa personale, insomma, un atteggiamento positivo con cui affrontare i problemi; con conoscenza e accettazione delle risorse mie e altrui, occorre dare un significato a ciò che succede e accettare gli aspetti che non possono essere cambiati. Sono dunque richieste capacità quali  flessibilità e riadattamento, forza e autorevolezza, alta coesione nelle relazioni, ma anche  espressione e condivisione delle emozioni, strategie collaborative di risoluzione dei problemi ed empatia. Impariamo dunque, esercitiamoci, a cogliere le difficoltà come opportunità per trasformarci e crescere, integrando nella nostra vita gli eventi negativi, ma andando sempre avanti, senza arrenderci alle prime difficoltà e reagendo di conseguenza, anche se la risposta immediata può essere deludente. Afferrate le occasioni che si presentano, accettando il rischio di venire rifiutati, e create nuove possibilità relazionali, guardando e ascoltando la realtà in modo nuovo, spostando la prospettiva da una visione parziale ad una più ampia.