LA MENTE E IL SONNO: IL LAVORIO ININTERROTTO DEL CERVELLO
Da anni la ricerca scientifica ha dimostrato come il dormire sia un’attività estremamente importante non solo per il nostro corpo, ma anche per la nostra mente; ciascuno di noi trascorre circa un terzo della propria vita dormendo e questo tempo non è affatto perso. Il sonno - e il sogno - rappresentano un processo fisiologico complesso, che inizia e si mantiene grazie all’attivazione di determinate aree del cervello e alla produzione di specifiche sostanze chimiche, rivestendo un ruolo fondamentale in processi cognitivi quali l’apprendimento di nuove conoscenze e il consolidamento delle memorie recenti. Il sonno non è un fenomeno omogeneo poiché risulta suddiviso in stadi diversi. Attraverso l’analisi dell’attività cerebrale, i ricercatori ne hanno identificato due tipologie: la fase REM (Rapid Eye Movements) e quella Non REM. Quest’ultimo a sua volta si differenzia in tre stadi: due più leggeri (N1 e N2) e uno più profondo (N3), in cui corpo e cervello recuperano le fatiche della veglia. La tipologia che ha suscitato maggiore interesse negli scienziati è il sonno REM, chiamato così per la presenza di movimenti oculari rapidi; presenta particolari caratteristiche, quali importanti cambiamenti nelle funzioni vegetative (per esempio irregolarità cardiache e respiratorie) e un’attività cerebrale caratterizzata da elevata frequenza e bassa ampiezza delle onde elettriche cerebrali, simile a quella che osserviamo in veglia. In altri termini il corpo dorme, ma il cervello rimane attivo.
Il sonno NREM e il REM si alternano in modo regolare durante l’episodio di sonno organizzandosi in cicli, ossia sequenze di sonno NREM-REM che si ripetono nel tempo, a cui sono legate importanti funzioni cognitive, quali il consolidamento e la riorganizzazione delle tracce di memorie che si sono create durante la veglia. Mentre dormiamo, dunque, non siamo completamente disconnessi dall’ambiente, poiché stimoli sufficientemente intensi o rilevanti possono essere elaborati dal nostro cervello o addirittura svegliarci. In particolare, durante il sonno REM il nostro cervello risponde a determinati stimoli sensoriali come se fosse sveglio: è proprio la cornice di attivazione fisiologica e neurovegetativa che caratterizza tale fase ad aver fatto emergere l’ipotesi che durante questo tipo di sonno vengano prodotti i nostri sogni e consolidati gli apprendimenti della veglia. Gli scienziati hanno così iniziato a studiare l’attività onirica in laboratorio, svegliando in momenti diversi della notte dei giovani studenti volontari e chiedendo se e cosa avessero sognato prima di essere svegliati. I risultati dimostrarono la continuità di attività mentale durante il sonno: in fase REM si verificano i sogni più bizzarri e vividi, quelli con un maggiore coinvolgimento emotivo e che ricordiamo maggiormente, mentre nel NREM questi assomigliano ad una forma di pensiero più astratto, simile a quella che abbiamo quando siamo svegli. In poche parole, la nostra attività onirica è espressione di un cervello che continua a lavorare anche mentre dormiamo. Volendo sintetizzare i principali risultati dei numerosi studi che sono stati svolti a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso (Cipolli et al., 2017), possiamo affermare che la produzione dei sogni è strettamente legata ai processi di memoria, il cui ricordo al risveglio è modulato da vari fattori quali la salienza, il contesto, il tipo di risveglio e le attività svolte subito dopo. Infine, è da sottolineare il fatto che non esistono persone che non sognano mai, ma esistono invece differenze sia intra- sia inter-individuali rispetto alla frequenza con cui si ricordano i sogni, legate anche a quanto un individuo sia motivato a ricordarli.
Già Freud aveva osservato che alcuni contenuti onirici possono essere ricondotti a conoscenze che il soggetto, da sveglio, è ignaro di possedere. E’ come se, durante il sonno, si riattivassero tracce relative sia a eventi recenti o passati sia a conoscenze generali e astratte o eventi autobiografici del soggetto. Queste memorie costituiscono il materiale iniziale utilizzato dal cervello per costruire la trama del sogno, sul quale poi si attivano processi inconsapevoli che operano una selezione in una trama narrativa. Ci sarebbe quindi una continuità tra la vita psicologica diurna e quella notturna, che permetterebbe al sonno di avere un effetto positivo sulla regolazione delle nostre emozioni e sul consolidamento delle informazioni acquisite in veglia. Tale processo è possibile grazie ad una “potatura sinaptica”, ovvero mentre dormiamo il nostro cervello elimina le informazioni più inutili e irrilevanti e rendere più solide e durature quelle maggiormente importanti. La funzione che svolge il sonno per la memoria non è quindi limitata a rendere più stabili e durature le informazioni acquisite in veglia, ma anche a integrarle con informazioni pre-esistenti o addirittura a crearne di nuove. Ciò dimostra, dunque, che il dormire non è affatto un perdita di tempo, bensì un periodo importante della giornata in cui il nostro cervello continua ad essere impegnato in una laboriosa attività, di cui i nostri sogni potrebbero essere un rilevante correlato psichico.
(Psicologia Contemporanea, Giganti, 2014)