DONARE PER RICEVERE (E RICEVERE PER DONARE)

DONARE PER RICEVERE (E RICEVERE PER DONARE) 

Sant’Agostino sosteneva che l’atto di donare fa sì che meritiamo di ricevere quello che ci manca. E’ un concetto di 1500 anni fa, ma non solo non è vecchio e stantio, anzi, in questi anni e nel nostro panorama socio-storico-culturale è alquanto attuale.

L’atto di offrire qualcosa senza aspettarsi nulla in cambio è conosciuto come altruismo e si basa sul concetto di reciprocità, ovvero il restituire attraverso la gratitudine quello che ci è stato donato. Fin dagli albori dei tempi, l’uomo ha dovuto condividere per poter sopravvivere: dalla conoscenza agli strumenti, dal cibo al rifugio, insomma, la solidarietà di alcuni ha significato la salvezza di molti. Questo principio non è rimasto all’età della pietra, fortunatamente: da quando veniamo al mondo, infatti, portiamo dentro di noi una sorta di “debito” quando qualcuno fa qualcosa per noi. Ma analizziamo nel dettaglio.

Uno dei fattori essenziali nella dinamica relazionale è rappresentato dall’equilibrio fra dare e ricevere, che si forma proprio dalla valutazione, a livello quantitativo, della percezione di ciò che riceviamo e ciò che invece diamo, ovvero il grado di soddisfazione rispetto a ciò che ci si scambia. Donare quello di cui l’altro ha bisogno fa scattare il meccanismo del rinforzare il legame, allo stesso modo ricambiare un dono ricevuto contribuisce a saldarlo. Quando questi aspetti sono in armonia tra loro generano benessere nella nostra esistenza, poiché rappresentano il raggiungimento di un bilanciamento; anche se può apparire un meccanismo automatico,  implica alcuni livelli percepiti dalla coscienza:

1- Livello n°1: condizione di difficoltà nel ricevere dagli altri, perché ciò implica un debito, che implica la restituzione, come se fosse più semplice non ricevere nulla, così da non dover dare niente;

2- Livello n°2: situazione di chi vuole dare più di quello che ha ricevuto. Questo step appartiene solo a due categorie: ai genitori, nei confronti dei figli, e a tutti coloro che, per loro posizione sociale, svolgono funzioni di cura di altri (insegnanti, tutori, psicologi, etc). Chi invece, pur non appartenendo a queste due categorie, adotta tale modalità, crea un forte squilibrio nelle relazioni;

3- Livello n°3: raggiungimento di un equilibrio e di un’armonia risiedono nello scambio, nel dare e nel ricevere reciprocamente, bilanciando le forze e la reciproca soddisfazione, una sorta di ‘felicità non regalata, ma costruita’;

4- Livello n°4: condizione in cui non possiamo ricambiare, ma abbiamo la possibilità di compensare  attraverso l’atto del ringraziare. In molte circostanze, infatti, dire banalmente ‘grazie’ è l’unico modo che abbiamo a disposizione.

L’equilibrio tra dare e ricevere assume un aspetto rilevante nella relazione genitore-figlio. Nell’esperienza delle dinamiche familiari, infatti, è emerso chiaramente come la relazione più importante di un bambino è quella che sviluppa con il genitore o con chi si prende cura di lui: imparando a conoscere il mondo che lo circonda attraverso una relazione positiva con l’adulto, cresce e cambia, guardando sempre ai suoi genitori per sentirsi sicuro, protetto e amato. Essere mamma e papà significa dunque porre la base da cui i figli costruiranno le loro relazioni future: trascorrere del tempo di qualità e creare un ambiente sano e sicuro in cui i bambini si sentano a proprio agio nell’esplorare, è uno dei compiti fondamentali dell’essere genitori; non esiste un manuale o un approccio garantito per creare una buona relazione, ma qualche suggerimento può essere d’aiuto:

- Mostrare il proprio amore;
- Stabilire confini, regole e conseguenze;
- Ascoltare ed entrare in empatia;
- Giocare insieme;
- Essere disponibili e senza distrazioni;
- Consumare i pasti insieme;
- Creare rituali genitore-figlio.

Ovviamente si tratta solo di qualche linea guida poiché malintesi, errori strategici, debolezze e stanchezza rendono il lavoro di genitore pieno di imprevisti, ma il Volersi bene può aiutare a costruire dei sani legami affettivi.
(Nardone, 2015, Psicologia contemporanea)

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