LE DETERMINANTI DELLA VIOLENZA DI GENERE

LE DETERMINANTI DELLA VIOLENZA DI GENERE

La violenza contro le donne rappresenta un fenomeno complesso, radicato nella cultura e negli stereotipi di genere della popolazione, sia femminile che maschile. È pertanto necessario attivare, accanto a misure di protezione e sostegno per le vittime, anche interventi di sensibilizzazione e contrasto agli stereotipi e alle discriminazioni di genere che raggiungano il maggior numero possibile di uomini e donne. 
La letteratura scientifica sottolinea come la violenza esercitata dagli uomini sulle donne sia riconducibile a fattori socio-culturali e alle relazioni tra i generi, e non a patologie sociali o comportamentali. 
Le discriminazioni e gli stereotipi sessisti creano infatti le condizioni di contesto favorevoli alla perpetuazione del fenomeno, poiché contribuiscono a creare un sistema di valori connotato da identità sociali e ruoli predefiniti,  storicamente caratterizzati da subalternità e dipendenza del femminile dal maschile. I modelli di mascolinità e femminilità basati su tali stereotipi di genere vengono trasmessi e accolti, spesso in modo inconsapevole, fin dall’infanzia (si pensi al largo uso che ne viene fatto nei libri scolastici e nei giochi per i bambini) concorrendo a determinare aspettative e comportamenti nelle relazioni di coppia che, da un lato, riducono l’autonomia delle donne, e, dall’altro, spingono molti uomini a vivere le relazioni di coppia come forme di possesso, escludendo la libertà delle proprie compagne di autodeterminarsi e di scegliere, compresa la conclusione di una relazione affettiva. 
La stretta relazione tra stereotipi, discriminazione e violenza, anche di genere, è stata ribadita dalla Commissione Parlamentare Jo Cox – Commissione sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo – che, esaminando le dimensioni, le cause e gli effetti dei discorsi d’odio rivolti a gruppi determinati di persone, sottolinea l’esistenza di una vera e propria «piramide dell’odio», alla cui base si pongono stereotipi negativi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti e linguaggio ostile normalizzato o banalizzato fno ad arrivare alle discriminazioni e ai crimini d’odio veri e propri. 
Una recente indagine dell’ISTAT (2019) che mirava a indagare la digfusione di stereotipi e ruoli di genere e ad analizzare l’immagine sociale assunta dalla violenza sessuale, ha confermato quanto determinati stereotipi di genere siano decisamente radicati nella nostra società. Tra i più comuni, quello che vede le donne come meno interessate al successo nel lavoro rispetto all’uomo (32,5%) e viceversa più adatte da occuparsi delle faccende domestiche (31,5%), con il partner considerato come il membro della famiglia deputato a provvedere alle necessità economiche della famiglia. Una tale visione dell’uomo come pater familias e della donna relegata invece alle mansioni domestiche, evidenzia la presenza di forti rigidità nelle divisioni dei ruoli all’interno della coppia e nella distribuzione del potere, a partire da quello economico, che comporta una maggiore vulnerabilità del genere femminile all’interno della coppia e quindi forme più estreme di possesso. Rispetto al tema specifico della violenza contro le donne, ben un italiano su 4 (il 25,4%) ritiene accettabile - sempre o almeno in alcune circostanze - la violenza o il controllo nella coppia. Permangono inoltre forti pregiudizi sulla violenza sessuale, con la vittima spesso considerata responsabile della violenza subita: il 39,3% della popolazione, infatti, ritiene che questa sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. 

Un altro tema cruciale su cui è doveroso porre l’attenzione è quello della ‘Cultura della violenza’, che passa anche attraverso le modalità di narrazione; il linguaggio, infatti,veicola stereotipi e giustificazioni implicite, ed è tanto più pericoloso quando proviene da giornalisti e diffuso attraverso i media, perché concorre a consolidare interpretazioni errate dei fatti. L’utilizzo di espressioni quali  «dramma della gelosia» o «separazione difficile» discostano la violenza dal fenomeno strutturale e radicato nel contesto socio-culturale qual è, approcciandola come conseguenza di altri fattori quali la possessività o il controllo, che invece ne costituiscono proprio le cause dirette e imputabili con cui il partner maltrattante si rapporta alla sua compagna, senza rispetto della sua autonomia e libertà di scelta. Un’interpretazione errata dei fatti viene suggerita dalla cronaca quando, in modo semplicistico, indica i femminicidi come esiti di raptus o impeti momentanei, parole che creano in chi ascolta la convinzione che si sia trattato di azioni improvvise e non premeditate, ridimensionandone le responsabilità e soprattutto portando a considerare questi fatti come episodici, quando invece sono effetti di comportamenti sessisti e discriminatori ancora molto radicati nella nostra società. Allo stesso modo, espressioni come «delitto passionale», «amore criminale» o «amore sbagliato», di cui fanno ampiamente uso i giornali e le trasmissioni televisive, rafforzano implicitamente l’idea per cui chi maltratta comunque ama, di fatto creando alibi e giustificazioni per l’autore ma anche per le vittime, che spesso non riconoscono fino in fondo la violenza subita e finiscono per tollerarla.

[ Quali dunque le prospettive? Come si può agire? ]

Per quanto concerne le linee istituzionali di intervento, le indicazioni della Convenzione di Istanbul si focalizzano su 4 ambiti specifici: 

1- Prevenzione: affronta le radici di una cultura violenta, le sue cause e le sue conseguenze, promuovendo azioni in ambito scolastico, sensibilizzazione dei mass media e Pari Opportunità, in contrasto alla violenza in ogni ambito della vita pubblica e privata, combattendo discriminazioni e stereotipi di genere che, forse, ne favoriscono il perpetuarsi. L’asse include sia la formazione di tutti gli operatori che a diverso titolo entrano in contatto con le donne vittime di violenza e i loro figli, sia percorsi trattamentali rivolti agli autori di violenza;
2- Protezione e sostegno: presa in carico, protezione e supporto delle vittime (ed eventuali minori), percorsi di empowerment economico, finanziario, lavorativo e di autonomia abitativa, una linea telefonica gratuita nazionale antiviolenza 1522 attiva h.24, percorso di tutela nelle aziende sanitarie e ospedaliere;
3- Perseguire e punire: garantire la tutela delle donne vittime di violenza e migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari;
4- Politiche integrate: sviluppo di un sistema informativo integrato, attivazione di Protocolli d’intesa per riconoscere il reato della violenza di genere e per rilevare le forme di violenza nei flussi informativi sanitari, azioni di monitoraggio e valutazione dei risultati delle azioni

In conclusione, nonostante i notevoli progressi degli ultimi anni, l’attuazione delle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza di genere presenta ancora evidenti criticità. Le risorse finanziarie dedicate sono tuttora scarse e non continuative, mentre la gravità e diffusione del fenomeno richiederebbe maggiori investimenti pubblici e un approccio di lungo periodo per consolidare gli interventi. È necessario soprattutto sensibilizzare uomini e donne sulla violenza di genere, sulla sua natura strutturale di violenza fondata proprio su tali diseguaglianze; di riflesso, è necessario educare alla parità fin dalla prima infanzia, scardinando gli stereotipi di genere radicati nel substrato culturale e sociale, intervenendo sui modelli imperanti di mascolinità e femminilità che definiscono ruoli di genere specifici per uomini e donne, caratterizzate da una sostanziale dipendenza di queste ultime nei confronti dei primi. È fondamentale insistere sull’educazione in ambito scolastico, ma anche nei media perché si ponga attenzione alla narrazione e al linguaggio utilizzato, spesso veicolo di stereotipi di genere che giustificano la violenza. Cruciale è anche il rafforzamento delle competenze di operatori/trici che a diversi livelli entrano in contatto con le vittime di violenza, in funzione di prevenzione ed emersione del fenomeno e per facilitare il coordinamento tra attori e servizi diversi che lavorano sul territorio in rete, così da offrire supporto integrato alle donne. Maggiore attenzione va posta anche ai programmi rivolti agli autori delle violenze su cui si iniziano a investire sempre più risorse con la finalità di ridurre i rischi di recidive.

(2021, Il pugno nel cuore - la conoscenza e le competenze per contrastare la violenza di genere.                   Edizioni Angelo Guerini e Associati Srl)