L’ADDORMENTAMENTO: UN MOMENTO DELICATO
Se è vero che per il neonato è difficile preferire la culla al caldo corpo della mamma, allo stesso modo non è semplice per lei staccarsi dal proprio figlio e non prenderlo in braccio quando piange; tuttavia, l’assecondare il suo pianto rafforza nel bimbo la sensazione che la culla sia un posto ostile e che lei sia l’unica a poterlo calmare. Sarebbe bene dunque metterlo nel suo lettino e calmarlo, parlandogli dolcemente e spiegandogli che è il posto più confortevole per dormire: non acconsentendo al suo desiderio di dormire tra le sue braccia, il genitore afferma implicitamente che quello è il posto migliore in cui rilassarsi. Lasciandolo piangere e lamentarsi, il bambino ascolterà le proprie proteste, convincendosi che sopravviverà: la mamma, non intervenendo, rafforzerà così in lui il fatto che le cose andranno bene, lasciandogli tempo per trovare e sperimentare strumenti per adattarsi. Una serie di gesti e routine prima e dopo il sonno aiutano a far diventare l'addormentamento un momento piacevole; si può consolare il piccolo con le dita, suoni e oggetti o piccoli rituali, per far capire al bambino che i genitori saranno sempre lì con lui, ma rimanendo fermi nelle proprie posizioni: è la culla ad essere il luogo più idoneo per il riposo.
Questo non vale solo per il sonno: è l'inizio di una crescita emotiva, un primo passo verso la capacità di attingere al proprio mondo interno e sviluppare le proprie risorse, senza aspettare che sia il mondo esterno a provvedere; una risposta immediata alle sue richieste infatti può privare il bambino della possibilità di imparare a stare solo. Ad esempio, un genitore molto attento a non disturbare il figlio o preoccupato a non svegliarlo rafforzerà la sua natura sensibile, non solo, adattando il suo mondo alle richieste del bambino darà inizio ad una cattiva abitudine e siccome i desideri aumenteranno con l’età, sarà per lui impossibile soddisfarli tutti.
La maggior parte dei genitori, inoltre, sopporta a fatica il pianto, ma deve imparare a prendere le distanze dal bambino e a distinguere i propri sentimenti da quelli del figlio: il modo in cui affrontiamo le nostre sensazioni suscitate dal pianto, infatti, influenzerà le emozioni del bambino e il suo modo di gestirle. Se ci lasciamo prendere dal panico o dall’ansia rafforzeremo le sue paure, ma se lo ignoriamo potrebbe disperarsi perché da solo non può farcela; occorre quindi trovare un equilibrio procedendo per tentativi ed errori, cercando di dare un senso al pianto. (ABC dei genitori, Berdardi, 1994)
Possiamo offrire al neonato una consolazione (es. dargli un gioco, cantare una canzone..), ricordandoci sempre che il bambino ha bisogno di spazio e tempo per raggiungere da solo quello che gli serve, ovviamente grazie al nostro supporto e alla nostra vicinanza. Vediamo nostro figlio così piccolo, ci sembra indifeso ed è nostro dovere proteggerlo ed accudirlo, ma dobbiamo ricordare che ha in sé tutte le potenzialità per uno sviluppo ottimale e brillante: il nostro compito è quello di renderlo forte e capace, aiutandolo nella creazione di un carattere e di una sfera emotiva-identitaria che iniziano a svilupparsi proprio dai primi mesi di vita, in primis da una tappa fondamentale come quella dell’addormentamento.